di Rosario Sapienza
Centoquarant’anni fa, nel 1873 a Ghent venne
costituita una associazione la cui fondazione può esser fatta coincidere con la
nascita del diritto internazionale contemporaneo: l’Institut de Droit
International. Erano presenti con la
qualità di soci fondatori alcuni illustri giuristi dell’epoca: Asser,
Besobrasov, Bluntschli, Calvo, Field, de Laveleye, Lorimer, Mancini, Moynier,
Pierantoni e Rolin-Jaequemyns. Lo scopo di questo Istituto, che ha mantenuto
negli anni la struttura di un’accademia scientifica ad altissimo livello e a composizione
selezionatissima, era quello di promuovere lo studio e la codificazione del
diritto internazionale.
Ancora oggi
l’Institut ha mantenuto questa fisionomia e ancor oggi opera con le medesime
modalità definite nel suo statuto. Ne fanno parte soltanto 132 membri, fra
titolari e associati. Si diviene membro dell’Institut soltanto per cooptazione
da parte dei soci. Ogni due anni si tiene in una città diversa una sessione di
lavoro, nel corso della quale i consoci ascoltano e discutono delle relazioni
presentate da membri dell’Institut che hanno assunto l’impegno di approfondire
un determinato argomento.
L’Institut è come abbiamo detto
una associazione tra privati, che deve il suo indiscusso prestigio
esclusivamente alla stima di cui godono i suoi componenti e all’elevato livello
scientifico dei suoi lavori. Ciò ha fatto sì che più volte i suoi studi abbiano
influenzato gli sviluppi del diritto internazionale. Ad esempio, nel 1880, al
termine di un articolato itinerario di studio e ricerca, l’Institut pubblicò il
cosiddetto Manuale di Oxford sulle norme di diritto internazionale applicabili
alla guerra terrestre che influenzò grandemente le Conferenze dell’Aja del 1899
e 1907. Nel 1885, la
Conferenza di Berlino sull’Africa Occidentale fece proprio
l’appello per la libertà di navigazione nel bacino del Congo che era stato
avanzato dall’Institut nel 1883. Nel 1888 una Convenzione delineò per il canale
di Suez un regime giuridico largamente ispirato ai principi contenuti nella
risoluzione adottata dall’Institut nel 1879.
Inoltre, è
doveroso sottolineare che l’Institut ha influenzato gli sviluppi del diritto
internazionale anche ad un altro livello. Senza dubbio, infatti, sono ispirati
a quelli dell’Institut i metodi di lavoro della Commissione di diritto
internazionale, organo di consulenza dell'Assemblea generale delle Nazioni
Unite per la codificazione del diritto internazionale. E nel 1914 venne istituita a L’Aja la
prestigiosa Accademia di Diritto Internazionale, un centro di ricerca e
insegnamento ad alto livello fortemente voluto dall’Institut.
Sempre nel 1873, a Bruxelles, venne
fondata l’International Law Association, con l’originaria denominazione di
Association for the Reform and Codification of the Law of Nations (mutato poi
in quello attuale nel 1895). Alla base della costituzione dell’associazione sta
l’idea di un gruppo di giuristi e pacifisti statunitensi (tra di essi
ricordiamo Burritt, Miles e Field) che occorresse dar vita ad un’associazione
che si incaricasse di redigere un codice di diritto internazionale come
strumento per assicurare ai popoli una pace duratura.
A differenza
dell’Institut de Droit International, l’International Law Association ha
decisamente puntato su una politica di apertura che l’ha portata ad avere oltre
cinquanta sezioni nazionali, senza un numero prefissato di membri. I suoi scopi
sono ancor oggi quelli fissati dallo statuto originario e cioè: lo studio,
l’approfondimento e il progresso del diritto internazionale, pubblico e
privato, lo studio del diritto comparato, la redazione di proposte per la
soluzione dei conflitti di leggi e l’unificazione del diritto e la promozione
della comprensione internazionale.
Ancor oggi
l’Associazione si riunisce in conferenze internazionali a cadenza biennale,
mentre il lavoro scientifico dell’Associazione viene portato avanti da comitati
tematici sotto la supervisione di un direttore. I comitati sono nominati dal
Consiglio Esecutivo dell’Associazione, sentito il direttore.
L’Associazione
studia, come ricordavamo, tematiche di
diritto internazionale sia pubblico che privato, con un particolare interesse
alle questioni di diritto privato, specie del commercio internazionale.
Nel 1914 a L’Aja venne fondata l’Accademia di
diritto internazionale, istituzione scientifica e di alta formazione nel campo
del diritto internazionale, il cui statuto venne, come abbiamo detto, elaborato
con il concorso dell’Institut de Droit International.
L’idea di un
centro di formazione per il diritto internazionale risale già alle proposte del
giurista tedesco von Bar, fatte proprie dalla Conferenza per la pace del 1907.
L’Accademia è concretamente nata dalla collaborazione fra l’Institut de droit
International e la divisione per il diritto internazionale della Fondazione
Carnegie per la pace internazionale, il cui direttore, James Brown Scott, fu
particolarmente attivo per la sua creazione.
L’Accademia
venne formalmente costituita nel 1914, ma lo scoppio della Prima Guerra
Mondiale costrinse a rinviare l’inizio dei lavori al 1923, anno in cui avvenne
ufficialmente l’inaugurazione dei corsi. Da allora, migliaia di studiosi, provenienti
da tutte le parti del mondo, hanno frequentato le aule del Palazzo della Pace a
L’Aja (sede della Corte Internazionale di Giustizia) per i corsi che si tengono
ogni anno d’estate. Le lezioni vengono tenute in inglese o francese ed in sessioni separate per il diritto
internazionale pubblico e il diritto internazionale privato, organizzate
secondo il medesimo schema: ad un corso generale che tratta le principali
tematiche della materia in modo sistematico
vengono affiancati corsi tematici di approfondimento. L’Accademia ha poi
avviato un Centro di Ricerca che tiene sessioni annuali, nel corso delle quali
giovani studiosi affrontano, sotto la guida di un direttore, delle ricerche su
una data tematica.
I corsi tenuti
all’Accademia vengono pubblicati nella prestigiosa Recueil des Cours de l’Académie
de Droit International de La Haye,
che conta ormai numerosi volumi. Esiste
anche una associazione di exalunni dell’Accademia, la AAA (Association des Anciens
Auditeurs) che svolge anch’essa un intenso programma di formazione e favorisce
il mantenimento di contatti tra studiosi di diritto internazionale di tutte le
parti del mondo.
Il diritto
internazionale era dunque nato e si affermava come disciplina giuridica
autonoma dalle altre, coltivata da un ceto professionale qualificato ed
orgoglioso della propria metodologia.
Occorreva però
affermare questa autonomia risolvendo alcuni importanti problemi teorici, primo
fra tutti quello del fondamento della disciplina. Su cosa basava il diritto
internazionale questa pretesa all’autonomia e in ultima analisi quale ne era il
fondamento, da dove traeva la forza che lo portasse ad imporsi agli Stati, se
non c’era (e non c’è) una sorta di
super-Stato che ne imponesse il rispetto?
Fino al
settecento, era abbastanza comune spiegare il fenomeno dell’obbligatorietà del
diritto internazionale riconducendolo alla forza vincolante del diritto
naturale, un diritto che esiste e obbliga in quanto inerente alla natura umana,
o meglio alla natura razionale della
persona umana.
Una delle
prime trattazioni organiche del diritto internazionale si deve all’olandese
Hugues de Groot che pubblicò nel 1625 il suo “De jure belli ac pacis libri
tres”. Si tratta del primo scritto che si occupa del diritto internazionale
come disciplina giuridica. In passato non erano mancate opere che avevano trattato
questioni di rilievo internazionalistico, ma all’interno di una prospettiva
teologica, come nel cinquecento le opere
degli scrittori di lingua spagnola De Vitoria e Suarez. Dopo l’opera di Grozio,
fino ai primi anni dell’ottocento si registrano scritti di impianto
giusnaturalistico, i più importanti dei quali sono le opere di Vattel e di
Wolff.
Nell’ottocento,
conformemente all’indirizzo che si afferma prevalente in seguito alle prime
grandi codificazioni, anche il diritto internazionale viene ripensato su
premesse positivistiche, fondando la sua vincolatività sulla volontà comune
degli Stati. Così come il diritto all’interno dei singoli Stati veniva pensato
come fondato sulla volontà positiva dello Stato che lo poneva, così il diritto
internazionale riposava sulla volontà comune degli Stati che lo ponevano e lo
rispettavano, spesso spontaneamente.
Solo nella seconda metà dell’ottocento si
assiste a una vera e propria rivoluzione metodologica all’insegna del
positivismo soprattutto da parte della dottrina tedesca. Si cimentano in
quest’opera grandi giuspositivisti, come Bluntschli, Heffter, Triepel,
Heilborn. L’intento che animava questi studiosi era invece quello di giungere a
una ricostruzione del diritto internazionale coerente con i principi del
giuspositivismo che si andavano affermando in quegli anni nello studio degli
ordinamenti giuridici degli Stati.
Ciò
naturalmente li indusse a occuparsi di problemi di non facile soluzione, come
ad esempio la teoria delle fonti o la ricerca del fondamento stesso
dell’obbligatorietà del diritto internazionale, giungendo a conclusioni non
sempre condivisibili. Si afferma dunque un gruppo di giuristi che condivide un
obiettivo metodologico fondamentale: riscattare la scienza del diritto
internazionale dalle indagini fino a quel momento condotte le quali o si erano
ispirate all’applicazione di principi del diritto naturale ai rapporti fra gli
Stati oppure si erano concentrate sulla osservazione e registrazione della
prassi degli Stati. Resta il fatto, però, che l’impostazione da loro data a
molti di questi problemi e anche alcune delle soluzioni da loro raggiunte
rimangono anche oggi attuali. Per cui si può dire tranquillamente che il
diritto internazionale come oggi lo conosciamo e studiamo come disciplina
scientifica di diritto positivo risale alla loro impostazione.
Oggi, un oggi
che comincia già con la fondazione dell’Institut, assistiamo all’affermarsi di
una sorta di neogiusnaturalismo, secondo il quale esistono valori comuni a
tutti gli Stati, o sui quali é comunque possibile mettersi d’accordo per fondare
una convivenza pacifica.
Idea questa
che si ricollega ad un’altra corrente di pensiero che pure matura nell’Ottocento
e che annovera tra i suoi adepti studiosi del calibro di Mancini, Anzilotti,
Rolin-Jaequemyns, Westlake, Lieber, Asser, forse meno legati alla logica del positivismo
giuridico ma animati da grande spirito di intraprendenza. Essi danno vita a grandi iniziative che fanno
dello studio del diritto internazionale
una cosa del tutto nuova rispetto al passato. Nel 1869 viene fondata la Revue de droit international et de législation
comparée, il primo tentativo di rivista scientifica internazionale ad
occuparsi di diritto internazionale. Nel 1873, come dicevamo, viene fondato l’Institut de Droit International, una associazione internazionale di
giuristi che si impegna nello studio e nella codificazione del diritto
internazionale.
Il che dipende
anche dal fatto che è proprio nella seconda metà dell’ottocento che maturano
alcuni sviluppi di fondamentale importanza per l’evoluzione del diritto
internazionale, come, ad esempio la convocazione nel 1899 all’Aja della Prima
Conferenza Internazionale della Pace, cui ne seguirà una seconda nel 1907.
Anche se non riusciranno a scongiurare la guerra che scoppierà di lì a
poco nel 1914 e di nuovo nel 1945,
queste conferenze hanno posto le basi di un nuovo diritto internazionale basato
sul ripudio della violenza e la ricerca di soluzioni pacifiche alle controversie
fra gli Stati.
Conviene segnalare
anche che questi studi presentano una caratteristica in comune con gli sviluppi
successivi del diritto internazionale, e cioè il loro carattere in certo qual
modo ideologico. Gli studiosi del diritto internazionale cui ci siamo rifatti
(a differenza di altri loro contemporanei come, ad esempio, Austin e Kaufmann)
non rinunciano a perseguire un loro obiettivo, che è quello dell’edificazione
della pace attraverso l’affinamento degli strumenti del diritto internazionale.
Ancora oggi
questo intento è condiviso dalla maggior parte degli studiosi del diritto
internazionale che si pensano come una comunità militante, un insieme di uomini
che si dedicano non solamente a studiare le regole del diritto internazionale,
ma a forgiarne ed elaborarne di sempre nuove con il solo obiettivo di costruire
fra gli Stati una pace stabile e duratura.