di Rosario Sapienza
Domani, 18 dicembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale
del migrante, voluta nel 2000 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per
solennizzare il decimo anniversario dell’adozione della Convenzione
internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e delle
loro famiglie.
Ci sono oggi nel mondo 232 milioni di migranti internazionali, persone
cioè che vivono in un Paese diverso da quello nel quale sono nati (e dunque non
contando i migranti all’interno del loro Paese) pari al 3,2 % della popolazione
mondiale, secondo un recente rapporto dell’UN DESA, il Dipartimento degli
affari economici e sociali delle Nazioni Unite.
Secondo il Segretario generale delle Nazioni Unite,
Ban Ki-Moon, essi devono essere sempre più visti come una risorsa per le
società che li accolgono, dato che, egli ha affermato, “la migrazione è
espressione dell’ambizione umana alla dignità, alla sicurezza e a un futuro
migliore”. Per questo, seguendo le indicazioni del Dialogo ad alto livello
sulle migrazioni internazionali e lo sviluppo, tenutosi nello scorso mese di
ottobre a New York, egli ha proposto all’Assemblea Generale un’ambiziosa agenda
in otto punti per valorizzare al meglio il contributo dei migranti.
Anche il
Consiglio d’Europa, che ha istituito nel
2011 l’ufficio del Coordinatore delle Migrazioni, con il compito di gestire in
maniera organica tutte le attività dell’organizzazione rilevanti per la
protezione e l’integrazione dei migranti, ha varato un programma-quadro biennale
sui temi delle migrazioni, con l’intento di affinare l’approccio
dell’organizzazione a questi problemi, passando da un’attività principalmente
tesa alla predisposizione di principi normativi alla promozione di una più
effettiva ed efficace applicazione di quegli stessi principi e strumenti.
L’Italia, che peraltro affronta una migrazione sempre
più di passaggio, di persone cioè che transitano dal nostro Paese per dirigersi
altrove e che dunque è difficile qualificare come una emergenza nazionale, continua
a fare collezione di brutte figure, di “malecumparse” come si dice dalle mie
parti, come l’ultima, documentata a Lampedusa, dove pare che gli “ospiti” del
Centro di prima accoglienza siano stati sottoposti a trattamenti anti scabbia
nudi all’aperto e spruzzati con getti d’acqua trattata, suscitando anche una
indignata nota del vescovo di Agrigento. Ma si puo?
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