mercoledì 23 gennaio 2013

I due marò italiani in India. Diritto internazionale e politica di potenza


di Rosario Sapienza

La Corte Suprema dello Stato indiano del  Kerala ha reso qualche giorno fa (lo scorso 18 gennaio) una singolare decisione in merito alla vicenda dei due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che, come si sa, erano imbarcati sulla petroliera Enrica Lexie in servizio di contrasto anti-pirateria e sono accusati di aver ucciso due pescatori indiani scambiandoli appunto per pirati. Per questo motivo sono trattenuti in India dalla metà di febbraio del 2012, anche se hanno potuto beneficiare di una sorta di “licenza” per trascorrere le festività in famiglia. Al loro ritorno in India è intervenuta la decisione  nella quale la Corte del Kerala ha riconosciuto che i fatti di cui è questione non si sono svolti in acque territoriali indiane, ma ha tuttavia ritenuto che del caso debba occuparsi un tribunale federale indiano che dovrà dunque prima risolvere la questione della giurisdizione e, se riconoscerà sussistente la giurisdizione indiana, decidere poi nel merito.

La decisione è stata accolta in Italia con generale sollievo, dato che restituisce la questione alla dimensione politico-diplomatica più propria e adeguata (quella del dialogo tra la diplomazia italiana e il governo federale di New Dehli, mai venuto meno per la verità), ma anche con non poche perplessità (Marina Castellaneta ha parlato, su Il Sole 24 Ore di sabato 19 gennaio, di un vero e proprio “enigma”), dato che, riconoscendo che il fatto è avvenuto fuori delle acque territoriali indiane, si nega necessariamente la giurisdizione indiana che cede a fronte di quella dello Stato di bandiera della nave (cioè l’Italia) come previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, della quale sia l’Italia che l’India sono parti.

La decisione, sempre per quel che si apprende da fonti di stampa, ha comunque escluso che ai due marò italiani possa essere riconosciuta una qualche forma di immunità, benché, come si osserva in Italia da molte parti, fossero personale militare in servizio per un fine di interesse pubblico (il contrasto alla pirateria) e dunque veri e propri organi dello Stato italiano. In questo caso, una norma consuetudinaria  riconoscerebbe una immunità cosiddetta “funzionale” sottraendo dunque chi ne beneficia alla giurisdizione dello Stato eventualmente competente. Il condizionale è d’obbligo perché in materia è difficile ricostruire principi inequivoci.

Dunque, da un punto di vista giuridico, la decisione sembrerebbe non aver mutato il punto di vista della autorità indiane, anche se rappresenta un fatto indubbiamente positivo che la Corte abbia declinato la giurisdizione a favore di un organo dello Stato federale. Le autorità italiane hanno incassato il risultato, esprimendo una moderata e prudente soddisfazione.

A quanti lamentano un presunto eccesso di prudenza da parte delle autorità italiane va ricordato che il caso in questione coinvolge importanti e delicati equilibri politico-diplomatici e dunque va affrontato con adeguata cautela.  I fatti si sono svolti con certezza nella Zona Economica Esclusiva indiana e dunque in una parte di mare che, anche se per quel che riguarda la giurisdizione penale  non può essere assimilata al mare territoriale, è oggetto di ampi poteri riconosciuti dal diritto internazionale a tutela dei diritti di pesca. Tutela che le autorità indiane hanno più volte mostrato di voler esercitare con fermezza, peraltro in linea con una generale politica da Grande Potenza emergente che può anche esigere a volte una risolutezza inusuale. L’India ritiene infatti di avere tutto il diritto di proteggere i propri pescatori anche quando, temendo per le proprie reti derivanti, affrontano le navi di passaggio con fare minaccioso (cosa che sembra sia accaduta nel caso di specie, generando l’equivoco).  

E' facile ipotizzare che la vicenda, nonostante i suoi indubbi profili giuridici e giudiziari,  si chiuderà solo quando le due diplomazie potranno negoziare una soluzione che permetta ad entrambi gli Stati coinvolti una onorevole chiusura del caso.







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