Da circa settant’anni ci
raccontiamo tutti una cosa non vera.
Ed è che esista qualcosa che
possa definirsi unità europea e che questa unità europea si sia prodotta grazie
all’operare di una complessa struttura fatta di burocrati e rappresentanze
statali fra loro variamente interagenti.
Così invece non è.
E per averne la misura non
occorre leggere La capitale, il celeberrimo affresco tracciato qualche anno fa da
Robert Menasse su una Bruxelles capitale di una euroburocrazia
autoreferenziale.
Può essere sufficiente leggere
l’ultimo discorso sullo stato dell’Unione licenziato il 13 settembre dalla
presidente Ursula von der Leyen, ove insuccessi e ritardi vengono raccontati
con doveroso entusiasmo istituzionale come momenti di un inarrestabile cammino
verso un radioso futuro eurounitario.
Mentre, con singolare,
paradossale, certo non voluta, coincidenza, Lampedusa vede arrivare nello
stesso giorno migliaia di migranti, nella totale assenza dell’Unione europea.
E mentre, coincidenza questa sì
voluta, Francia e Germania, questa volta d’accordo (una volta tanto, verrebbe
da dire) reagiscono bloccando i trasferimenti dei dublinanti dall’Italia
accampando pretesti da legulei.
Una Europa, dunque, assente.
Una Europa che … non c’è.
E a questa Europa che, appunto,
non c’è, intendiamo dedicare, anche su queste pagine, in una serie di articoli,
la nostra preoccupata attenzione.
Ma fin da questa prima
introduzione, occorre proporre alcune riflessioni preliminari.
La prima è che parlare di Europa
che … non c’è vuol essere un espediente polemico per sottolineare carenze e
ritardi perché pensiamo che uno dei mali dell’Europa sia da sempre la sua
macchina propagandistica, efficiente ed efficace nel nascondere queste carenze
e questi ritardi.
Qualcuno deve pur raccontarlo.
La seconda è che occorre segnalare
la confusione nella quale versa la macchina istituzionale europea.
L’Europa … non c’è perché è
proprio la confusa babele istituzionale che opera attivamente perché l’Europa …
non ci sia.
Una confusione istituzionale che
si è poi aggravata da quando l’Unione europea si è sostituita alle Comunità
europee.
Sì, perché l’Unione europea non è
semplicemente una evoluzione rispetto alla dimensione comunitaria, ma una nuova
e distinta creatura istituzionale all’interno della quale gli Stati membri
hanno rafforzato la dimensione della loro cooperazione intergovernativa
rispetto alla dimensione autenticamente europea.
Per proteggersi dalla
europeizzazione, quella vera, che pure sarebbe possibile.
Spesso dunque operando
attivamente perché l’Europa … non ci sia.
Certo, si potrebbe osservare che-
l’Europa unita è sempre stata più un’aspirazione che una realtà.
Fin dai tempi gloriosi del
Manifesto di Ventotene.
Ma oggi, sembra di poter dire,
abbiamo proprio nell’Unione europea il principale avversario della costruzione
di una Europa autenticamente unita.
E questa è una novità non da
poco.
Qualcuno deve pur raccontarlo.
Rosario Sapienza
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