venerdì 21 dicembre 2012

Diritto internazionale e diritto degli Stati. La domestic analogy


di  Rosario Sapienza


Nonostante la riflessione sulle cose internazionali sia iniziata assai per tempo nella cultura europea (si può ricordare, per esempio, la “seconda scolastica” e Vitoria e Suarez sono considerati normalmente tra i padri nobili della riflessione internazionalista)  oggi si tende a non retrodatare così in là la nascita del Diritto Internazionale come disciplina tecnica e anche come professione. Gli studi di Martti Koskenniemi possono essere ritenuti conclusivi sul punto. Egli ha studiato le origini ottocentesche della nostra professione ed ha mostrato chiaramente che c'è uno stacco netto tra quanto era accaduto fino a quel momento e quello che accade nella seconda metà dell'ottocento quando si formano associazioni scientifiche intitolate allo studio del Diritto Internazionale. Ad esempio nel 1873 si  costituisce la prima associazione scientifica, l’ “Institut de Droit International”, e la stessa storia delle cattedre europee di Diritto Internazionale mostra che tutto sommato abbiamo ragione noi italiani quando rivendichiamo il primato in Europa della prima cattedra di Diritto Internazionale, cioè quella che a Torino nel 1851 fu costituita per Pasquale Stanislao Mancini. Pensate che bisogna attendere il 1866 per avere la oggi celeberrima “Whewell Chair of International Law” a Cambridge.

Dico queste cose perché da questa nuova datazione della nascita del Diritto Internazionale emerge in tutta la sua pienezza l'evidenza di un programma scientifico e pratico coerente e mirato al raggiungimento di alcuni risultati. I Padri Fondatori del Diritto Internazionale, persone che nella seconda metà dell'ottocento si proclamano alfieri della coscienza giuridica universale e pongono le basi dell’elaborazione scientifica del diritto internazionale, condividevano un convincimento: che il diritto e la scienza giuridica così come si andava sviluppando nella riflessione giuspositivistica del tardo ottocento fosse la scienza sociale per eccellenza e che quindi fosse il modo giusto di affrontare la complessa problematica dei rapporti fra gli Stati. Diversi secoli dopo Westfalia si raggiungeva la consapevolezza della possibilità e desiderabilità di un discorso giuridico sulla politica internazionale.

Questa cosa produce un risultato tra i tanti che è particolarmente interessante i nostri fini. Quella che Danilo Zolo  chiama la “domestic analogy” cioè la convinzione che le cose del Diritto Internazionale si possano affrontare per analogia con le cose che accadono all'interno degli Stati. E in effetti quello che noi osserviamo è esattamente questo: il Diritto Internazionale viene insomma costruito fin dall’inizio come una semplice amplificazione (a livello europeo, prima, planetario, poi) di dinamiche culturali e istituzionali che si affermano all'interno degli Stati.

Faccio due soli esempi. Il primo è la creazione, proprio tra la fine dell'ottocento e primi del novecento, di un'imponente apparato istituzionale internazionale che non è altro che la trasposizione a livello planetario del modello dello Stato sociale. Tutta la complessa famiglia della Società delle Nazioni prima e delle Nazioni Unite poi, che non si occupano solo di Welfare ma anche ad esempio di questioni di amministrazione dello sviluppo o di mantenimento della pace. Per esempio c'è una Organizzazione Mondiale della  Sanità, un'Organizzazione Internazionale del Lavoro e via dicendo, insomma tutto ciò che all'interno degli Stati è oggetto delle cure dell'apparato statale si riproduce a livello internazionale, perché alcuni problemi vanno oltre la capacità di trattazione e soluzione di un singolo Stato oppure perché occorre elaborare modelli che poi tutti gli Stati andranno a utilizzare. Ci sono per esempio organizzazioni internazionali che esistono col solo fine di elaborare progetti di legge che vengono offerti “chiavi in mano” agli Stati i quali poi li prendono e li trasformano in leggi nazionali, sono cioè dei colossali uffici studi a disposizione di chi desidera chiamarli. Le Nazioni Unite offrono tutta una serie di servizi: se lo Stato, ad esempio, vuole organizzare un monitoraggio delle proprie elezioni, a sua richiesta, le Nazioni Unite offrono, a costi più convenienti delle agenzie private, un servizio di monitoraggio delle elezioni. Qualche volta lo impongono addirittura. Funzionano assistendo gli Stati secondo il modello dello Stato sociale. La “domestic analogy” ci porta ad aver creato un gigantesco apparato di Stato sociale al di sopra degli Stati. Il che può creare e crea di fatto non pochi problemi di sovrapposizione delle dinamiche internazionali su quelle nazionali, sovrapposizioni che la tradizionale dinamica sovranità/non ingerenza non sempre riesce a categorizzare adeguatamente.

Il discorso può riproporsi per la tutela internazionale dei diritti dell'uomo, ed è questo il secondo esempio. Perché il Diritto Internazionale  cominciò a occuparsi di tale questione? Perché essa è diventata un elemento importante della grammatica politico istituzionale all'interno degli Stati. Quindi c’è un discorso giuridico sui diritti dell'uomo che viene dagli sviluppi all'interno degli Stati e si traspone poi al livello internazionale. Solo che questi sviluppi in materia di diritti dell'uomo, che sono già complessi e problematici all'interno di un contesto statale, diventano enormemente più complessi e problematici quando il contesto è  quello di più Stati e diventano francamente un problema nel problema quando il contesto è fatto di Stati che non condividono punti di vista salienti e significativi in materia di organizzazione sociale e di riconoscimento dei diritti.


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