di Rosario Sapienza
Nonostante
la riflessione sulle cose internazionali sia iniziata assai per tempo nella
cultura europea (si può ricordare, per esempio, la “seconda scolastica” e
Vitoria e Suarez sono considerati normalmente tra i padri nobili della riflessione
internazionalista) oggi si tende a non
retrodatare così in là la nascita del Diritto Internazionale come disciplina
tecnica e anche come professione. Gli studi di Martti Koskenniemi possono
essere ritenuti conclusivi sul punto. Egli ha studiato le origini ottocentesche
della nostra professione ed ha mostrato chiaramente che c'è uno stacco netto
tra quanto era accaduto fino a quel momento e quello che accade nella seconda
metà dell'ottocento quando si formano associazioni scientifiche intitolate allo
studio del Diritto Internazionale. Ad esempio nel 1873 si costituisce la prima associazione scientifica,
l’ “Institut de Droit International”, e la stessa storia delle cattedre europee
di Diritto Internazionale mostra che tutto sommato abbiamo ragione noi italiani
quando rivendichiamo il primato in Europa della prima cattedra di Diritto
Internazionale, cioè quella che a Torino nel 1851 fu costituita per Pasquale
Stanislao Mancini. Pensate che bisogna attendere il 1866 per avere la oggi
celeberrima “Whewell Chair of International Law” a Cambridge.
Dico queste
cose perché da questa nuova datazione della nascita del Diritto Internazionale
emerge in tutta la sua pienezza l'evidenza di un programma scientifico e
pratico coerente e mirato al raggiungimento di alcuni risultati. I Padri
Fondatori del Diritto Internazionale, persone che nella seconda metà
dell'ottocento si proclamano alfieri della coscienza giuridica universale e
pongono le basi dell’elaborazione scientifica del diritto internazionale, condividevano
un convincimento: che il diritto e la scienza giuridica così come si andava
sviluppando nella riflessione giuspositivistica del tardo ottocento fosse la scienza
sociale per eccellenza e che quindi fosse il modo giusto di affrontare la
complessa problematica dei rapporti fra gli Stati. Diversi secoli dopo
Westfalia si raggiungeva la consapevolezza della possibilità e desiderabilità di
un discorso giuridico sulla politica internazionale.
Questa
cosa produce un risultato tra i tanti che è particolarmente interessante i
nostri fini. Quella che Danilo Zolo
chiama la “domestic analogy” cioè la convinzione che le cose del Diritto
Internazionale si possano affrontare per analogia con le cose che accadono
all'interno degli Stati. E in effetti quello che noi osserviamo è esattamente
questo: il Diritto Internazionale viene insomma costruito fin dall’inizio come
una semplice amplificazione (a livello europeo, prima, planetario, poi) di
dinamiche culturali e istituzionali che si affermano all'interno degli Stati.
Faccio
due soli esempi. Il primo è la creazione, proprio tra la fine dell'ottocento e
primi del novecento, di un'imponente apparato istituzionale internazionale che
non è altro che la trasposizione a livello planetario del modello dello Stato
sociale. Tutta la complessa famiglia della Società delle Nazioni prima e delle
Nazioni Unite poi, che non si occupano solo di Welfare ma anche ad esempio di
questioni di amministrazione dello sviluppo o di mantenimento della pace. Per
esempio c'è una Organizzazione Mondiale della
Sanità, un'Organizzazione Internazionale del Lavoro e via dicendo, insomma
tutto ciò che all'interno degli Stati è oggetto delle cure dell'apparato
statale si riproduce a livello internazionale, perché alcuni problemi vanno
oltre la capacità di trattazione e soluzione di un singolo Stato oppure perché
occorre elaborare modelli che poi tutti gli Stati andranno a utilizzare. Ci
sono per esempio organizzazioni internazionali che esistono col solo fine di
elaborare progetti di legge che vengono offerti “chiavi in mano” agli Stati i
quali poi li prendono e li trasformano in leggi nazionali, sono cioè dei
colossali uffici studi a disposizione di chi desidera chiamarli. Le Nazioni
Unite offrono tutta una serie di servizi: se lo Stato, ad esempio, vuole
organizzare un monitoraggio delle proprie elezioni, a sua richiesta, le Nazioni
Unite offrono, a costi più convenienti delle agenzie private, un servizio di
monitoraggio delle elezioni. Qualche volta lo impongono addirittura. Funzionano
assistendo gli Stati secondo il modello dello Stato sociale. La “domestic
analogy” ci porta ad aver creato un gigantesco apparato di Stato sociale al di
sopra degli Stati. Il che può creare e crea di fatto non pochi problemi di
sovrapposizione delle dinamiche internazionali su quelle nazionali,
sovrapposizioni che la tradizionale dinamica sovranità/non ingerenza non sempre
riesce a categorizzare adeguatamente.
Il
discorso può riproporsi per la tutela internazionale dei diritti dell'uomo, ed
è questo il secondo esempio. Perché il Diritto Internazionale cominciò a occuparsi di tale questione?
Perché essa è diventata un elemento importante della grammatica politico
istituzionale all'interno degli Stati. Quindi c’è un discorso giuridico sui
diritti dell'uomo che viene dagli sviluppi all'interno degli Stati e si
traspone poi al livello internazionale. Solo che questi sviluppi in materia di
diritti dell'uomo, che sono già complessi e problematici all'interno di un
contesto statale, diventano enormemente più complessi e problematici quando il
contesto è quello di più Stati e
diventano francamente un problema nel problema quando il contesto è fatto di
Stati che non condividono punti di vista salienti e significativi in materia di
organizzazione sociale e di riconoscimento dei diritti.
Nessun commento:
Posta un commento