mercoledì 8 novembre 2023

Politiche di coesione e transizione ecologica

 

Intervenendo il 23 ottobre al seminario “Futuro e competenze. La sfida della transizione ecologica” promosso da Europe Direct Catania (EDCT), insieme ai Dipartimenti di Giurisprudenza e Scienze Politiche e Sociali e al Centro di Documentazione Europea (CDE) dell’Università ho voluto ribadire che la transizione ecologica deve attuarsi tenendo conto delle esigenze della coesione economica, sociale e territoriale. Ecco una sintesi del mio indirizzo di saluto

 

«Cari colleghi e amici, gentili signore e signori,

con piacere rivolgo a tutti i partecipanti a questo seminario il saluto del Centro di Documentazione Europea dell’Università di Catania.

La transizione ecologica è ormai a pieno titolo una priorità dell’Unione europea. Attraverso il Green Deal europeo si punta a rendere l'Europa climaticamente neutra entro il 2050, a rilanciare l'economia grazie alla tecnologia verde, a creare industrie e trasporti sostenibili e ridurre l'inquinamento.

Occorre però trasformare le sfide climatiche e ambientali in opportunità per rendere la transizione più giusta e inclusiva per tutti.

Finalità che rappresenta, per dir così, il core business della politica di coesione.

Mi piace qui ricordare che l’Ottavo Rapporto dell’Unione sulla Coesione sottolinea l’importanza del principio del non nuocere alla coesione “secondo il quale nessuna azione dovrebbe ostacolare il processo di convergenza o contribuire alle disparità regionali”.

 Ciò implica dunque che si ponga attenzione non solo al perseguimento degli obiettivi della transizione ecologica, ma anche alle interdipendenze strategiche di ogni intervento sui territori, rafforzando l’incidenza di quegli strumenti come, ad esempio, le valutazioni di impatto territoriale.

Con questo invito concludo e auguro buon lavoro a tutti!»

 Rosario Sapienza

domenica 5 novembre 2023

L'Europa che ... non c'è

Da circa settant’anni ci raccontiamo tutti una cosa non vera.

Ed è che esista qualcosa che possa definirsi unità europea e che questa unità europea si sia prodotta grazie all’operare di una complessa struttura fatta di burocrati e rappresentanze statali fra loro variamente interagenti.

Così invece non è.

E per averne la misura non occorre leggere La capitale, il celeberrimo affresco tracciato qualche anno fa da Robert Menasse su una Bruxelles capitale di una euroburocrazia autoreferenziale.

Può essere sufficiente leggere l’ultimo discorso sullo stato dell’Unione licenziato il 13 settembre dalla presidente Ursula von der Leyen, ove insuccessi e ritardi vengono raccontati con doveroso entusiasmo istituzionale come momenti di un inarrestabile cammino verso un radioso futuro eurounitario.

Mentre, con singolare, paradossale, certo non voluta, coincidenza, Lampedusa vede arrivare nello stesso giorno migliaia di migranti, nella totale assenza dell’Unione europea.

E mentre, coincidenza questa sì voluta, Francia e Germania, questa volta d’accordo (una volta tanto, verrebbe da dire) reagiscono bloccando i trasferimenti dei dublinanti dall’Italia accampando pretesti da legulei.

Una Europa, dunque, assente.

Una Europa che … non c’è.

E a questa Europa che, appunto, non c’è, intendiamo dedicare, anche su queste pagine, in una serie di articoli, la nostra preoccupata attenzione.

Ma fin da questa prima introduzione, occorre proporre alcune riflessioni preliminari.

La prima è che parlare di Europa che … non c’è vuol essere un espediente polemico per sottolineare carenze e ritardi perché pensiamo che uno dei mali dell’Europa sia da sempre la sua macchina propagandistica, efficiente ed efficace nel nascondere queste carenze e questi ritardi.

Qualcuno deve pur raccontarlo.

La seconda è che occorre segnalare la confusione nella quale versa la macchina istituzionale europea.

L’Europa … non c’è perché è proprio la confusa babele istituzionale che opera attivamente perché l’Europa … non ci sia.

Una confusione istituzionale che si è poi aggravata da quando l’Unione europea si è sostituita alle Comunità europee.

Sì, perché l’Unione europea non è semplicemente una evoluzione rispetto alla dimensione comunitaria, ma una nuova e distinta creatura istituzionale all’interno della quale gli Stati membri hanno rafforzato la dimensione della loro cooperazione intergovernativa rispetto alla dimensione autenticamente europea.

Per proteggersi dalla europeizzazione, quella vera, che pure sarebbe possibile.

Spesso dunque operando attivamente perché l’Europa … non ci sia.

Certo, si potrebbe osservare che- l’Europa unita è sempre stata più un’aspirazione che una realtà.

Fin dai tempi gloriosi del Manifesto di Ventotene.

Ma oggi, sembra di poter dire, abbiamo proprio nell’Unione europea il principale avversario della costruzione di una Europa autenticamente unita.

E questa è una novità non da poco.

Qualcuno deve pur raccontarlo.

Rosario Sapienza