sabato 2 febbraio 2013

Alle origini del diritto internazionale. 140 anni fa la fondazione dell' Institut de Droit International


       di Rosario Sapienza

       Centoquarant’anni fa, nel 1873 a Ghent venne costituita una associazione la cui fondazione può esser fatta coincidere con la nascita del diritto internazionale contemporaneo: l’Institut de Droit International.  Erano presenti con la qualità di soci fondatori alcuni illustri giuristi dell’epoca: Asser, Besobrasov, Bluntschli, Calvo, Field, de Laveleye, Lorimer, Mancini, Moynier, Pierantoni e Rolin-Jaequemyns. Lo scopo di questo Istituto, che ha mantenuto negli anni la struttura di un’accademia scientifica ad altissimo livello e a composizione selezionatissima, era quello di promuovere lo studio e la codificazione del diritto internazionale.
Ancora oggi l’Institut ha mantenuto questa fisionomia e ancor oggi opera con le medesime modalità definite nel suo statuto. Ne fanno parte soltanto 132 membri, fra titolari e associati. Si diviene membro dell’Institut soltanto per cooptazione da parte dei soci. Ogni due anni si tiene in una città diversa una sessione di lavoro, nel corso della quale i consoci ascoltano e discutono delle relazioni presentate da membri dell’Institut che hanno assunto l’impegno di approfondire un determinato argomento.
L’Institut è come abbiamo detto una associazione tra privati, che deve il suo indiscusso prestigio esclusivamente alla stima di cui godono i suoi componenti e all’elevato livello scientifico dei suoi lavori. Ciò ha fatto sì che più volte i suoi studi abbiano influenzato gli sviluppi del diritto internazionale. Ad esempio, nel 1880, al termine di un articolato itinerario di studio e ricerca, l’Institut pubblicò il cosiddetto Manuale di Oxford sulle norme di diritto internazionale applicabili alla guerra terrestre che influenzò grandemente le Conferenze dell’Aja del 1899 e 1907. Nel 1885, la Conferenza di Berlino sull’Africa Occidentale fece proprio l’appello per la libertà di navigazione nel bacino del Congo che era stato avanzato dall’Institut nel 1883. Nel 1888 una Convenzione delineò per il canale di Suez un regime giuridico largamente ispirato ai principi contenuti nella risoluzione adottata dall’Institut nel 1879.
Inoltre, è doveroso sottolineare che l’Institut ha influenzato gli sviluppi del diritto internazionale anche ad un altro livello. Senza dubbio, infatti, sono ispirati a quelli dell’Institut i metodi di lavoro della Commissione di diritto internazionale, organo di consulenza dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite per la codificazione del diritto internazionale.   E nel 1914 venne istituita a L’Aja la prestigiosa Accademia di Diritto Internazionale, un centro di ricerca e insegnamento ad alto livello fortemente voluto dall’Institut. 

Sempre nel 1873, a Bruxelles, venne fondata l’International Law Association, con l’originaria denominazione di Association for the Reform and Codification of the Law of Nations (mutato poi in quello attuale nel 1895). Alla base della costituzione dell’associazione sta l’idea di un gruppo di giuristi e pacifisti statunitensi (tra di essi ricordiamo Burritt, Miles e Field) che occorresse dar vita ad un’associazione che si incaricasse di redigere un codice di diritto internazionale come strumento per assicurare ai popoli una pace duratura.
A differenza dell’Institut de Droit International, l’International Law Association ha decisamente puntato su una politica di apertura che l’ha portata ad avere oltre cinquanta sezioni nazionali, senza un numero prefissato di membri. I suoi scopi sono ancor oggi quelli fissati dallo statuto originario e cioè: lo studio, l’approfondimento e il progresso del diritto internazionale, pubblico e privato, lo studio del diritto comparato, la redazione di proposte per la soluzione dei conflitti di leggi e l’unificazione del diritto e la promozione della comprensione internazionale.
Ancor oggi l’Associazione si riunisce in conferenze internazionali a cadenza biennale, mentre il lavoro scientifico dell’Associazione viene portato avanti da comitati tematici sotto la supervisione di un direttore. I comitati sono nominati dal Consiglio Esecutivo dell’Associazione, sentito il direttore.
L’Associazione studia, come ricordavamo,  tematiche di diritto internazionale sia pubblico che privato, con un particolare interesse alle questioni di diritto privato, specie del commercio internazionale.

 Nel 1914 a L’Aja venne fondata l’Accademia di diritto internazionale, istituzione scientifica e di alta formazione nel campo del diritto internazionale, il cui statuto venne, come abbiamo detto, elaborato con il concorso dell’Institut de Droit International.
L’idea di un centro di formazione per il diritto internazionale risale già alle proposte del giurista tedesco von Bar, fatte proprie dalla Conferenza per la pace del 1907. L’Accademia è concretamente nata dalla collaborazione fra l’Institut de droit International e la divisione per il diritto internazionale della Fondazione Carnegie per la pace internazionale, il cui direttore, James Brown Scott, fu particolarmente attivo per la sua creazione.
L’Accademia venne formalmente costituita nel 1914, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale costrinse a rinviare l’inizio dei lavori al 1923, anno in cui avvenne ufficialmente l’inaugurazione dei corsi. Da allora, migliaia di studiosi, provenienti da tutte le parti del mondo, hanno frequentato le aule del Palazzo della Pace a L’Aja (sede della Corte Internazionale di Giustizia) per i corsi che si tengono ogni anno d’estate. Le lezioni vengono tenute in inglese o francese ed in  sessioni separate per il diritto internazionale pubblico e il diritto internazionale privato, organizzate secondo il medesimo schema: ad un corso generale che tratta le principali tematiche della materia in modo sistematico  vengono affiancati corsi tematici di approfondimento. L’Accademia ha poi avviato un Centro di Ricerca che tiene sessioni annuali, nel corso delle quali giovani studiosi affrontano, sotto la guida di un direttore, delle ricerche su una data tematica.       
I corsi tenuti all’Accademia vengono pubblicati nella prestigiosa Recueil des Cours de l’Académie de Droit International de La Haye, che conta ormai numerosi  volumi. Esiste anche una associazione di exalunni dell’Accademia, la AAA (Association des Anciens Auditeurs) che svolge anch’essa un intenso programma di formazione e favorisce il mantenimento di contatti tra studiosi di diritto internazionale di tutte le parti del mondo.
Il diritto internazionale era dunque nato e si affermava come disciplina giuridica autonoma dalle altre, coltivata da un ceto professionale qualificato ed orgoglioso della propria metodologia.

Occorreva però affermare questa autonomia risolvendo alcuni importanti problemi teorici, primo fra tutti quello del fondamento della disciplina. Su cosa basava il diritto internazionale questa pretesa all’autonomia e in ultima analisi quale ne era il fondamento, da dove traeva la forza che lo portasse ad imporsi agli Stati, se non c’era (e  non c’è) una sorta di super-Stato che ne imponesse il rispetto?
Fino al settecento, era abbastanza comune spiegare il fenomeno dell’obbligatorietà del diritto internazionale riconducendolo alla forza vincolante del diritto naturale, un diritto che esiste e obbliga in quanto inerente alla natura umana, o meglio alla  natura razionale della persona umana.
Una delle prime trattazioni organiche del diritto internazionale si deve all’olandese Hugues de Groot che pubblicò nel 1625 il suo “De jure belli ac pacis libri tres”. Si tratta del primo scritto che si occupa del diritto internazionale come disciplina giuridica. In passato non erano mancate opere che avevano trattato questioni di rilievo internazionalistico, ma all’interno di una prospettiva teologica, come nel cinquecento  le opere degli scrittori di lingua spagnola De Vitoria e Suarez. Dopo l’opera di Grozio, fino ai primi anni dell’ottocento si registrano scritti di impianto giusnaturalistico, i più importanti dei quali sono le opere di Vattel e di Wolff.
Nell’ottocento, conformemente all’indirizzo che si afferma prevalente in seguito alle prime grandi codificazioni, anche il diritto internazionale viene ripensato su premesse positivistiche, fondando la sua vincolatività sulla volontà comune degli Stati. Così come il diritto all’interno dei singoli Stati veniva pensato come fondato sulla volontà positiva dello Stato che lo poneva, così il diritto internazionale riposava sulla volontà comune degli Stati che lo ponevano e lo rispettavano, spesso spontaneamente.
 Solo nella seconda metà dell’ottocento si assiste a una vera e propria rivoluzione metodologica all’insegna del positivismo soprattutto da parte della dottrina tedesca. Si cimentano in quest’opera grandi giuspositivisti, come Bluntschli, Heffter, Triepel, Heilborn. L’intento che animava questi studiosi era invece quello di giungere a una ricostruzione del diritto internazionale coerente con i principi del giuspositivismo che si andavano affermando in quegli anni nello studio degli ordinamenti giuridici degli Stati.
Ciò naturalmente li indusse a occuparsi di problemi di non facile soluzione, come ad esempio la teoria delle fonti o la ricerca del fondamento stesso dell’obbligatorietà del diritto internazionale, giungendo a conclusioni non sempre condivisibili. Si afferma dunque un gruppo di giuristi che condivide un obiettivo metodologico fondamentale: riscattare la scienza del diritto internazionale dalle indagini fino a quel momento condotte le quali o si erano ispirate all’applicazione di principi del diritto naturale ai rapporti fra gli Stati oppure si erano concentrate sulla osservazione e registrazione della prassi degli Stati. Resta il fatto, però, che l’impostazione da loro data a molti di questi problemi e anche alcune delle soluzioni da loro raggiunte rimangono anche oggi attuali. Per cui si può dire tranquillamente che il diritto internazionale come oggi lo conosciamo e studiamo come disciplina scientifica di diritto positivo risale alla loro impostazione.

Oggi, un oggi che comincia già con la fondazione dell’Institut, assistiamo all’affermarsi di una sorta di neogiusnaturalismo, secondo il quale esistono valori comuni a tutti gli Stati, o sui quali é comunque possibile mettersi d’accordo per fondare una convivenza pacifica.
Idea questa che si ricollega ad un’altra corrente di pensiero che pure matura nell’Ottocento e che annovera tra i suoi adepti studiosi del calibro di Mancini, Anzilotti, Rolin-Jaequemyns, Westlake, Lieber, Asser, forse meno legati alla logica del positivismo giuridico ma animati da grande spirito di intraprendenza.  Essi danno vita a grandi iniziative che fanno dello studio del  diritto internazionale una cosa del tutto nuova rispetto al passato. Nel 1869 viene fondata la Revue de droit international et de législation comparée, il primo tentativo di rivista scientifica internazionale ad occuparsi di diritto internazionale. Nel 1873, come dicevamo,  viene fondato l’Institut de Droit International, una associazione internazionale di giuristi che si impegna nello studio e nella codificazione del diritto internazionale.
Il che dipende anche dal fatto che è proprio nella seconda metà dell’ottocento che maturano alcuni sviluppi di fondamentale importanza per l’evoluzione del diritto internazionale, come, ad esempio la convocazione nel 1899 all’Aja della Prima Conferenza Internazionale della Pace, cui ne seguirà una seconda nel 1907. Anche se non riusciranno a scongiurare la guerra che scoppierà di lì a poco  nel 1914 e di nuovo nel 1945, queste conferenze hanno posto le basi di un nuovo diritto internazionale basato sul ripudio della violenza e la ricerca di soluzioni pacifiche alle controversie fra gli Stati.
Conviene segnalare anche che questi studi presentano una caratteristica in comune con gli sviluppi successivi del diritto internazionale, e cioè il loro carattere in certo qual modo ideologico. Gli studiosi del diritto internazionale cui ci siamo rifatti (a differenza di altri loro contemporanei come, ad esempio, Austin e Kaufmann) non rinunciano a perseguire un loro obiettivo, che è quello dell’edificazione della pace attraverso l’affinamento degli strumenti del diritto internazionale.
Ancora oggi questo intento è condiviso dalla maggior parte degli studiosi del diritto internazionale che si pensano come una comunità militante, un insieme di uomini che si dedicano non solamente a studiare le regole del diritto internazionale, ma a forgiarne ed elaborarne di sempre nuove con il solo obiettivo di costruire fra gli Stati una pace stabile e duratura.